Essere europei: vantaggi e svantaggi

L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea segna sicuramente un momento difficile nella storia del Vecchio Continente: la scelta inglese richiede una lettura attenta e diversificata, ma è innegabile che il progetto europeo si trovi oggi a lottare per riconquistare un’opinione pubblica in parte disamorata e tentata dalla voglia di richiudersi entro i confini nazionali.

Ci siamo chiesti cosa pensano gli italiani del loro essere europei:  ne è emerso un giudizio sulle istituzioni comunitarie forse un po’ meno passionale e più meditato di quello degli amici inglesi.

Alla domanda se l’appartenere all’Unione europea abbia portato più vantaggi o svantaggi al nostro Paese il 34% risponde con una visione totalmente negativa: se non c’è dunque una maggioranza di entusiasti europeisti (chi vede solo vantaggi è il 28%), non ce n’è neanche una che chieda di uscire dalla Ue.

 

I più anziani non hanno dubbi sui vantaggi di un’Europa unita, forse perché hanno più vivo il ricordo dell’obiettivo principale per cui si avviò quel processo di unione: la fine delle guerre che avevano lacerato il continente e la costruzione delle basi per una coesistenza pacifica duratura.

Anche i più giovani ritengono conveniente far parte della Ue, anche se sembrano dare un giudizio più critico: non si può prescindere dall’orizzonte europeo, ma forse le risposte che le istituzioni di Bruxelles danno alle domande delle ragazze e dei ragazzi non sono del tutto soddisfacenti.

Sono molto più scettici i 45-54enni, mentre una buona parte di chi ha tra i 35 e i 44 anni non vede né svantaggi né vantaggi (molti di questi giovani adulti vedono le istituzioni europee bloccate dalla burocrazia).

 

In generale, chi appartiene alle classi meno abbienti pensa che stare nell’Unione abbia portato svantaggi, e così la pensano anche il 61% degli elettori di destra e il 41 di quelli di centro; gli elettori di centro destra e sinistra e i ceti più benestanti vedono vantaggi e svantaggi in egual misura. Solo gli elettori di centro-sinistra, con il 39% delle risposte, superano la media di quelli che pensano che l’Europa convenga, senza se e senza ma.

Per quanto riguarda la distribuzione geografica, sono più europeisti gli abitanti del centro (36%), molto più delusi quelli del sud e delle isole (40%).

 

Oltre a quella di una vittoria dello spirito nazionalistico, anche un’altra opinione molto diffusa potrebbe essere smentita: quella che vede i cittadini arrabbiati con le istituzioni europee perché queste sono governate, e imbrigliate, dalla burocrazia. Solo l’11% degli intervistati, infatti, pensa che le scelte dell’Ue siano influenzate soprattutto da questo potere così temibile.

Così come neanche l’influenza delle lobby finanziarie ed economiche è al primo posto nelle risposte degli intervistati (37%): la maggioranza degli italiani (46%) pensa che siano i paesi più potenti a influenzare le decisioni di Bruxelles. Una piccola rivincita della “vecchia” politica?

 

In particolare, hanno dato questa risposta gli uomini, il 62% dei 45-54enni, gli abitanti del nord-ovest, del sud e delle isole, mentre i più giovani (18-34enni), chi ha tra i 55 e i 64 anni e gli abitanti del centro e del nord est ritengono che siano più influenti i poteri economici e finanziari.

I più anziani, i pensionati e i giovani adulti pensano, in misura maggiore alla media del campione, che la burocrazia abbia una forte peso nelle politiche comunitarie.

 

Solo il 2% degli intervistati ha indicato i cittadini come i veri influencer della politica europea.

 

Dati tratti dall’Osservatorio Continuativo Ixè.
Campione di 1.000 italiani maggiorenni